Tornare a sentire quel profumo, quel sapore, che ci riporta indietro nel tempo e che ci fa sentire a casa ovunque noi siamo.

sabato 23 settembre 2023

O di ortica Zuppa Sishnu del Nepal sishnu soupe

 Questa volta tocca all'Ortica 



L'ortica (Urtica dioica L.), la più comune nei nostri ambienti (ma in realtà ne esistono diverse varietà) è una pianta erbacea conosciuta da tutti, per la sua particolare "pungenza" è la evitata "stamme lontano " per eccellenza.




In un momento "modaiolo" delle erbe di campo anche l'ortica sta tornando  sulle tavole delle nuove generazioni, mentre  noi "vecchie" diciamoci la verità non l'abbiamo mai abbandonata.

Le sue qualità nutrizionali: ricca di proteine, fonte di vit. A, C,E,K; contiene calcio, ferro , magnesio e potassio ne fanno una  pianta conosciuta in tutto il mondo e  utilizzata da tempo immemore:

alcuni scavi archeologici  ne testimoniamo l'utilizzo come cibo già nell'età del Bronzo, grazie al  ritrovamento di alcune ciotole con resti di una zuppa di ortiche;

nel nostro paese  ed in particolare in Emilia, Liguria e Marche la ritroviamo nelle zuppe, nei ripieni di pasta fresca e torte salate, gustosa la frittata, come colorante naturale per arricchire l'impasto di uova e farina creando tagliatelle verdi, e così via perché numerose sono le sue applicazioni.

Ma non solo virtù in cucina, questa pianta è carica di simbologia:

in Germania  si credeva che bruciando l'ortica durante forti temporali potesse tenere lontani i pericolosi fulmini;

capace di preservare la fertilità maschile; 

le sue fibre opportunatamente trattate venivano utilizzate per tessere stoffe;

le foglie verdi grazie all'alto contenuto di clorofilla  sono utili per tingere; e tanto altro.

Tra tante possibilità di cucinarla volevo andare  oltre l'orticello e vedere come in paesi lontani utilizzano l'ortica.

Durante la mia ricerca, viaggiando sulla tastiera sono arrivata in Nepal.

Qui per l'ortica hanno una vera e propria "mania", nella cucina himalayana ritroviamo diverse varietà coltivate di ortica che viene chiamata "sishnu".

Zuppa sishnu ( zuppa all'ortica)

per 2/3 persone

ingredienti

  • 600g di  germogli di ortica 
  • 2 cucchiai di amido di mays
  • acqua circa 2 litri
  • 1 cucchiaio di olio
  • aglio
  • sale
  • peperoncino fresco
  • pepe di Sichuan
  • semi di ortica (facoltativo)

Preparazione

Dopo aver pulito i germogli di ortica lavarli bene, scolare e farli leggermente asciugare su di un canovaccio.



Nel frattempo portare a bollore l'acqua leggermente salata e con un cucchiaio di olio.

Con un po' di amido di mays infarinare  l'ortica e quando l'acqua arriva a bollore, unire l'amido precedentemente sciolto in poca acqua e poi immergere i germogli , appena riprende il bollore, coprire con un coperchio e lasciar cuocere su fuoco medio.

A parte, in un mortaio, ridurre in pasta il peperoncino, con il sale, il pepe di Sichuan e lo spicchio di aglio.



Aggiungere la pasta alla pentola in ebollizione e proseguire la cottura fino a raggiunger una consistenza cremosa.

Prima di servire la zuppa,se lo desiderate, frullate il tutto sino ad avere un composto denso e cremoso, condire con un filo d'olio e semi di ortica essiccati.


 Questa ricetta è per l'iniziativa  ABC un mondo di ingredienti è la volta della lettera O ed ho scelto l' Ortica.

sabato 22 luglio 2023

L come lenticchie Crostata di ricotta e lenticchie di Castelluccio di Norcia

 Questa volta tocca alla lettera L, decisamente più abbordabile , gli ingredienti con la L sono "abbondanti"









Nonostante la vasta scelta di materie prime che iniziano con la lettera L , ho deciso di affrontare una preparazione particolare, un dolce a base di lenticchie.

Avevo gustato tanto tempo fa questo dolce in un localino a Castelluccio di Norcia, dopo una rigenerante passeggiata nella piana più famosa al mondo per la sua fioritura.

Dopo il sisma del 2016 il piccolo abitato di Castelluccio di Norcia praticamente è andato distrutto, negli ultimi tempi si sta faticosamente cercando di ritornare,  nonostante una ricostruzione lenta, una pandemia.

Quindi questo dolce per me ha una valenza particolare, ho fatto tanta fatica per ricrearlo, poche le info in rete, solo qualche suggerimento da donne del posto; ma eccola qua questa crostata dal gusto unico come lo splendido paesaggio  naturale che rappresenta : " La piana di Castelluccio" .






Ingredienti per una tortiera di 24 cm di diametro

Per la frolla

  • 300 g di farina 0
  • 50 g di farina integrale
  • 100 g di burro pomata o strutto
  • 50 g di zucchero
  • 1 uovo intero
  • i semi di mezza bacca di vaniglia
  • pizzico di sale
Per la farcia

  • 200 ml di latte intero
  • 200 g di ricotta di pecora
  • 100 g di lenticchie di Castelluccio (meglio se decorticate)
  • 2 tuorli più 2 albumi
  • semi di mezza bacca di vaniglia
Preparazione

In una ciotola mescolare l'uovo con lo zucchero e i semi di vaniglia, aggiungere il burro, leggermente morbido o lo strutto se preferite la ricetta originale, mescolare bene e infine unire la farina.

Lavorare velocemente l'impasto sino a formare delle grosse briciole, compattare e lasciar riposare in frigo per almeno 30 minuti.

Per la farcia

Nel latte con i semi di vaniglia aggiungete le lenticchie e lentamente lasciatele cuocere.

I tempi variano in base alle lenticchie che avrete scelto, quelle decorticate si cuociono in circa 30 minuti.

Lasciate raffreddare il composto di latte e lenticchie.

In una ciotola mescolate la ricotta setacciata con lo zucchero, unire il composto ormai freddo di latte e lenticchie e i due tuorli.

Montare a neve ferma i restanti due albumi e uniteli delicatamente al composto sopra preparato.

Ungere la tortiera e rivestirla con la frolla stesa allo spessore di circa 5 mm, lasciando da parte un po' di impasto per le strisce che serviranno da decoro.

Il guscio della frolla va cotto in bianco: rivestire con carta forno e riempire con fagioli secchi, infornare a 170° per circa10-15 min.

A questo punto riempite il guscio con la farcia di ricotta e lenticchie e passate in forno per circa 10 min.

Formate le strisce di decoro con la frolla messa da parte, tirate fuori la crostata dal forno, decorate rapidamente e rimettere in forno per altri 20-25 min. sino a doratura.

 




sabato 1 luglio 2023

I come iperico per il ratafià di Iperico

Fermo restando che sull'uso delle erbe è fondamentale richiedere il parere di un professionista sia per il riconoscimento e la  raccolta, sia soprattutto per il suo utilizzo a scopo curativo e alimentare.



L'iperico (hypericum perforatum) o meglio conosciuto  come erba di san Giovanni, verso la fine di giugno è il protagonista di una discreta quantità di "ricette", ingrediente principale dell' acqua di san Giovanni , fondamentale per  l 'oleolito dove potete trovare la ricetta in un vecchio post fatto qui sul blog.

Essendo conosciuto ed utilizzato  in  ogni parte del mondo ho fatto una piccola ricerca per vedere se, oltre al suo utilizzo per preparare oleoliti, unguenti, fosse presente una storia sul suo impiego in cucina o nella liquoristica.

Ed ho scoperto così che nei primi del 900 Fleury de la Roche consiglia il Ratafià di Iperico come aperitivo e digestivo.





Tratto da "Le Plantes bienfaisentes" ed. 1906

"lasciare in infusione , per due settimane, in una bottiglia ben chiusa, in due litri di acquavite, 30 grammi di fiori secchi di Iperico e due limoni a fette : quando la macerazione è completa , passate comprimendo, in un panno fine e metti il liquido filtrato in bottiglie, dopo aver aggiunto 150 grammi di zucchero"

Il colore rubino caratterizza questo liquore dal sentore piccante e deciso.

Ingredienti per 1 litro di ratafià

  • 1 litro di acquavite
  • 15 g di fiori secchi di Iperico
  • 1 limone non trattato
  • 75 g di zucchero
Procedimento

L'esecuzione è veramente semplice, c'è solo l'attesa.

Mettere in infusione i fiori secchi nell'acquavite e aggiungere il limone tagliato a fette, lasciare riposare per 15 giorni in un luogo buio. 

Già da subito vedrete il liquido colorarsi di rosso che con il tempo assumerà una bella sfumatura intensa.

Filtrare e aggiungere lo zucchero, mescolare sino al suo scioglimento e imbottigliare.

Per notizie e curiosità sull'iperico rimando al seguente sito. 

Attenzione: nell'alcool tutti i principi attivi sia liposolubili che idrosolubili della pianta vengono estratti, quindi attenzione nel consumo che deve essere misurato e non continuo, per non avere interferenze con eventuali cure farmaceutiche.

La misura in ogni situazione è la miglior abitudine da seguire.

Questa ricetta è per l'iniziativa  ABC un mondo di ingredienti è la volta della lettera I ed ho scelto la  l'Iperico

martedì 6 giugno 2023

G di Gallina per i Griù o Ravioli "incaciati" o " Pappù de li signori" o "Creste di gallo"

Questi particolari ravioli  dell' ascolano li ho scoperti grazie a Graziano Celani, sono tipici del periodo di carnevale, come ogni ricetta tradizionale si tramanda di famiglia in famiglia ed ognuna ha una sua peculiarità.



Sono conosciuti per lo più come "ravioli incaciati" ma anche detti  "creste di gallo" per il loro particolare aspetto; in altre zone sono i "griù" o "allegroni".

E cambiano nome  anche in base  al ripieno e quindi a seconda delle disponibilità delle famiglie si facevano ad esempio i "pappù" dei poveri fatti con la testa del maiale, quindi utilizzando gli scarti praticamente un ripieno di coppa, o addirittura i ravioli di pane se la carne scarseggiava e così il pane  nel ripieno aumentava per realizzare comunque un piatto sostanzioso,  e per chi se lo poteva permettere con  un ripieno con gallina, carne di maiale e poco pane per avere  i "pappù de li signori".

 Anche il condimento variava da zona a zona da famiglia a famiglia, chi preferiva il classico cannella e pecorino gustando così i "ravioli incaciati" e chi li condiva con la sapa, o addirittura in alcuni casi venivano anche fritti e serviti con una spolverata di zucchero, invece che bolliti, consumati magari per merenda.

Insomma questo è proprio un classico esempio di come ingredienti umili possono trasformarsi grazie a  mani sapienti  in un piatto ricco gustoso e fantasioso.

In questo caso ho deciso di seguire il disciplinare di produzione  della De.Co di Ascoli Piceno; la Denominazione Comunale è un importante riconoscimento che i comuni attribuiscono ad alcune preparazioni alimentari con particolare importanza per la valorizzazione del proprio territorio.

La Gallina in questo caso è l'ingrediente principe/ssa; il periodo invernale per le galline coincide con il rallentamento della ovo deposizione e se poi sono anche un po' vecchiotte il detto recita "gallina vecchia fa buon brodo" ma se il brodo in effetti è molto gustoso, la carne bollita perde molto in sapidità, ed ecco la soluzione: la si usa per il ripieno dei ravioli incaciati.

Ricetta tratta dal disciplinare

Ingredienti per la pasta all'uovo

400 g di farina

4 uova

Ingredienti per il ripieno

1,5 kg di  gallina 

250 g carne di manzo

250 g carne di maiale

250 g pane secco

50 g pecorino grattugiato

50 g di parmigiano

2 uova

1 mestolo brodo

sedano carota cipolla e stecca di cannella

noce moscata

sale e pepe

Ingredienti per il condimento

cannella in polvere

pecorino grattugiato


Preparazione del ripieno anche il giorno prima.

Realizzare un brodo con sedano, carota, cipolla e una stecca di cannella, sale e pepe e la carne : gallina, manzo e maiale.

Una volta che il brodo è pronto e la carne cotta lasciar raffreddare.

Bagnare con qualche mestolo di brodofiltrato il pane privato della crosta e lasciarlo ammorbidire. 

Eliminare ossa e pelle dal bollito e  passare il tutto al tritacarne  unendo anche il pane ammollato nel brodo.

Al composto macinato unire le uova, i formaggi pecorino e parmigiano e pizzico di cannella e noce moscata, dobbiamo ottenere un impasto omogeneo e ben amalgamato, se troppo asciutto possiamo aggiustare con il  brodo.

Preparazione della sfoglia

Sulla tavola creare una fontana con la farina e al centro rompere le uova, sbatterle con l'aiuto di una forchetta e d amalgamare con la farina.

Lavorare sino ad ottenere un impasto liscio , coprire e lasciar riposare per almeno 30 min.

Trascorso il tempo di riposo, stendere la sfoglia ad uno spessore medio, non troppo sottile, ci deve essere il giusto rapporto tra farcia e involucro.

Le dimensioni dei "ravioli" sono belle grandi, posizionare sulle pasta tagliata a strisce circa 1/2 cucchiaio di ripieno, ripiegare a metà la pasta e con l'aiuto di una rotella tagliapasta dentellata formare una mezzaluna.

Hanno un particolare aspetto a "cresta di gallo" per richiamare la natura del ripieno di gallina infatti 

una volta chiusi i ravioli, pizzicare arricciando bene il bordo creando una sorta di "cresta" e appoggiarli creando una base con la parte inferiore in modo che rimangano in piedi.



Condimento

Il disciplinare prevede un condimento a base di pecorino e cannella mescolate in pari quantità.

Io ho aggiunto anche un poco di sapa che adoro e mi piace molto il contrasto che crea al palato.

Cottura

Cuocere i ravioli in abbondante acqua salata per circa 5/7 min, scolare bene versare nel piatto di portata dove abbiamo già messo il mix  di cannella e pecorino, mescolare devono essere ben conditi da qui il nome "incaciati".

Questa ricetta è per l'iniziativa  ABC un mondo di ingredienti è la volta della lettera G ed ho scelto la  Gallina






venerdì 19 maggio 2023

F come Farina di fave Tacconi e Cencioni pasta fresca ricetta marchigiana

 F come fave

Siamo nel periodo delle fave.

Nelle Marche questo ingrediente lo ritroviamo in numerose ricette oltre alla classica merenda Fave e pecorino, le fave in porchetta, fave n'greccia solo per citarne alcune.



Ma non le usiamo solo fresche, un tempo la farina di fave faceva parte di quella piccola percentuale di farine, che in periodi di carestia servivano a tagliare la preziosa farina di frumento.

La farina utilizzata in questa ricetta viene prodotta con il presidio slow food "Fava di Fratte Rosa"; questa tipologia di fava viene coltivata in una zona tra le valli del Metauro e del Cesano su dei terreni fortemente argillosi denominati "Lubachi".

I terreni conferiscono dolcezza e tenerezza  a questa varietà di fava di piccole dimensioni, infatti il baccello contiene dai 3 ai 4 semi di media.

Di necessità virtù; nascono così diversi tipi di pasta fresca ormai relegati alla memoria che stanno tornando fortunatamente alla ribalta: famosi i Tacconi di fave o  Taccù all'antica, la sfoglia viene tagliata come una spessa e tozza tagliatella e condita con sugo di pomodoro o in bianco.

E ancora i cencioni di fave "probabilmente, anche se l'etimo è incerto il nome potrebbe derivare da "cencio" straccio, fra i termini gastronomici è frequente l'uso di termini che si ispirano alle cose umili di tutti giorni".

Forse una vergara mentre preparava la pasta ha notato una certa somiglianza con il cencio e da lì ecco i  cencioni.

 Fonte "Atlante dei prodotti tipici La pasta" O. Zannini De Vita

Io ho scelto di fare i cencioni,  anche se, da alcune ricerche fatte è emerso  che questa sorte di "maltagliati" venivano utilizzati  per fare una minestra con i fagioli, tipica della zona di Pergola in provincia di Pesaro Urbino,  io ho scelto di farne un primo piatto di pasta asciutta.

La mia versione dei Cencioni

Dosi per 4 persone

per la pasta fresca

  • 150 g di farina di fave azienda agricola "I lubachi"
  • 150 g di farina di frumento
  • 3 uova medie
  • olio extra vergine di oliva

Condimento

  • 100 g di guanciale
  •  200 g fave fresche tenere
  • finocchietto selvatico fresco oppure fiori essiccati
  • olio extravergine di oliva
  • sale e pepe
  • parmigiano o pecorino secondo i gusti
  • sale, pepe

Preparazione

Sulla tavola versiamo le due farine, ben miscelate fra loro, formando una fontana, aggiungere le uova e impastare sino a formare un panetto, ungere leggermente la superficie, coprire con pellicola e lasciar riposare per almeno 30 min.

Trascorso il tempo necessario stendere la pasta sulla tavola leggermente infarinata, non eccessivamente sottili, anzi questa pasta deve avere un aspetto rustico dato dalla farina di fave che essendo priva di glutine non permetterà di ottenere una pasta sottile ma piuttosto grossolana.

Ora se volete fare i Tacconi tagliate delle tozze tagliatelle, mentre per i cencioni sbizzarritevi.


Infarinate leggermente e lasciate asciugare un pochino.

Cuocere in acqua bollente salata, per i tempi dipende dallo spessore e dal formato scelto, quindi vale la prova assaggio.

Mentre la pasta cuoce pensiamo al  condimento

In una padella con filo d'olio facciamo rosolare leggermente il guanciale tagliato a listarelle, quando ha preso un bel colore traslucido togliamo il guanciale e teniamo da parte.

Nella stessa padella lasciamo insaporire le fave fresche  nel grasso residuo con qualche barba di finocchietto senza esagerare, aggiungere qualche cucchiaio di acqua calda di cottura della pasta , affinché le fave diventino tenere,  aggiustare di sale;  poco prima di scolare la pasta reintrodurre il guanciale.

Scolare la pasta leggermente al dente, versarla nella padella con il condimento , amalgamare il tutto su fuoco vivace.

Prima di servire aggiungere il formaggio, pepe macinato al momento e se li avete qualche fiore di finocchietto selvatico. 

 Anche questo mese partecipo a questa bella iniziativa  e questa è la mia F di fave 

 ABC un mondo di ingredienti 

capitanato da Eloisa di Trattoria Muvara







mercoledì 26 aprile 2023

Zuppa ceci all'elicriso per Abc un mondo di ingredienti lettera E


Lettera E di Elicriso con la zuppa di ceci all'Elicriso tipica della regione della  Romangia  nella Sardegna nordoccidentale.




Etimologia dal greco hélios = sole e chrysòs =oro con riferimento al colore dei fiori.




Sono una raccoglitrice di erbe, adoro la fitoalimurgia, mi fa sentire ancorata ai miei ricordi, alle persone che purtroppo non ci sono più ma  in un attimo un profumo, un sapore li riportano al presente e perchè no anche al futuro spero.

L'elicriso è una pianta che adoro, il suo colore, il suo sentore fresco e caldo al tempo stesso, il profumo inebriante quando ai bordi di sentieri rocciosi viene agitato dal vento.

Per lo più lo utilizzo per uso esterno, ad esempio  ne ho fatto oleolito, inoltre  è un "ingrediente" fondamentale per "l'acqua di san Giovanni", o semplicemente  riunito in mazzetti  per profumare ambienti come pot-pourri per il suo inebriante profumo che da serenità.

Gli ingredienti con la lettera E non sono molti e poi scatta quella voglia di cercare, scovare ingredienti ai quali mai avresti pensato.

Facendo qualche ricerca su ambienti in cui è possibile trovarlo allo stato spontaneo viene fuori che è abbastanza ubiquitario ma che solo in alcune regioni viene valorizzato come merita anche in cucina.

Sia all'estero che in Italia. 

Si narra che la nave di Napoleone  fosse "guidata" dal profumo e forza dell'immortelle così viene chiamato l'elicriso in Francia, che proveniva dalle coste della Corsica.

Viene anche definito la "pianta del curry" perchè l'aroma che conferisce ai piatti è molto simile al curry.

Lo si ritrova in Sicilia ai piedi dell'Etna, dove insaporisce carni, soprattutto bianche e zuppe di legumi o fresche insalate con fave e menta, ma anche in Sardegna dove ho scovato la ricetta che propongo per l'appuntamento mensile.

Quindi con la E resto in Italia


Con questa ricetta partecipo alla spettacolare raccolta 

 ABC un mondo di ingredienti 

capitanato da Eloisa di Trattoria Muvara




Ingredienti per 4 persone

  • 250 g di ceci secchi oppure 400 g già cotti
  • scorza di limone biologico
  • sedano carota e cipolla
  • olio extravergine di oliva
  • elicriso
Preparazione

Lasciare in ammollo i ceci per tutta la notte.

La mattina seguente metterli in una pentola con abbondante acqua e una scorzetta di limone e lasciar cuocere; se usate la pentola a pressione tutto sarà più veloce ed ancor di più se li prendete già cotti, ma non è la stessa cosa.

Preparare un soffritto con cipolla , sedano e carota, quando il tutto si è "caramellato" unire i ceci con un po' della loro acqua di cottura, e far insaporire unendo un rametto di elicriso.

Una semplice zuppa che avrà un sentore di curry molto piacevole, se amate la nota amarognola lasciate l'elicriso sino alla fine, oppure eliminatelo una volta terminata la cottura prima di servire la zuppa fumante con un filo d'olio e una grattata di pepe.

lunedì 3 aprile 2023

Ditali con i "mazzareddi" ricetta siciliana con erbe spontanee

I Ditali con fave e "mazzareddi" è una ricetta nissena tipica del periodo pasquale, associa la dolcezza delle prime fave all'amarognolo dei mazzareddi; verdure spontanee primaverili della famiglia delle brassicacee (b. nigra, b. fruticulosa) definite popolarmente senapi selvatiche. Le loro cime sono molto usate in questa zona della Sicilia, sia ripassate in padella che nelle frittate.




Ingredienti per 4 persone

  • 400 g di ditali rigati
  • 200 g di fave private della pellicina esterna
  • 4 mazzetti di mazzareddi
  • finocchio selvatico
  • aglio
  • olio extra vergine di oliva
  • sale
  • pepe o peperoncino
  • ricotta salata

Preparazione

Pulire le erbe senza eliminare i capolini delle infiorescenze ancora non aperte e lessateli in acqua bollente.

Scolateli e conservate un po' di acqua di cottura.

Mentre la pasta cuoce in una padella riscaldare l'olio con l'aglio ed il peperoncino se vi piace, aggiungere le fave, sale e se necessario  un po' di acqua di cottura delle erbe e infine unite i mazzareddi e fate insaporire il tutto.

Scolate la pasta al dente unitela al condimento in padella amalgamare il tutto, condire con ricotta salata e impiattare.

Fonte https://www.actaplantarum.org/



Continua la nostra ricerca alfabetica degli ingredienti...e credetemi più si va avanti e più diventa difficile.

Devo essere sincera la D mi ha dato filo da torcere, stavo per gettare la spugna.

Ma  poi... complice un fine settimana nella magnifica Sicilia, e la mia curiosità morbosa sulle erbe spontanee e i loro usi nella cucina, ed ecco che mi sono imbattuta nei "mazzareddi" e guarda caso vengono cucinati per lo più con un tipo di formato di pasta che inizia con la D i Ditali.

I Ditali devono il loro nome al ditale l'oggetto usato dalle sarte, questo formato assume diverse dimensioni sono diffusi in tutto il territorio ma in particolare li ritroviamo in Sicilia e Campania

Ed anche questa volta è fatta!!! 


Con questa ricetta partecipo alla spettacolare raccolta 

 ABC un mondo di ingredienti 

capitanato da Eloisa di Trattoria Muvara







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