Tornare a sentire quel profumo, quel sapore, che ci riporta indietro nel tempo e che ci fa sentire a casa ovunque noi siamo.

martedì 5 dicembre 2023

S di sapa per le Tiliccas de saba ricetta dolci Sardegna

 S di sapa...per questo pomeriggio piovoso che già odora di feste.

Resto in Italia, nella bella bellissima Sardegna con le

Tiliccas de saba


In questo post parlerò di un prodotto della tradizione contadina: la Sapa.

Questo meraviglioso ingrediente è presente nella mia amatissima regione Marche,  la ritroviamo anche nella vicina Emilia Romagna , e questo mi sembra logico...ma poi, ammirando i fantastici dolci di Roberto Murgia , scopro che la sapa ha una lunga tradizione anche in Sardegna.



Un pò di storia..

 “sapa”  dal latino sàpa, a sua volta da connettersi, probabilmente, con sàpor «aver sapore» e sapĭdus «saporito».






















La  sapa praticamente è uno sciroppo d'uva che  si ottiene dal mosto appena fatto, un tempo questo  veniva filtrato e messo in un calderone di rame e fatto bollire a fuoco lento per circa 15 ore, con un ramaiolo veniva schiumato spesso e si aspettava e aspettava, controllandolo sino a che non si riduceva ad 1/3 della suo volume iniziale, si lasciava raffreddare in un tino di legno e in seguito imbottigliato.


Caratteristiche

Si presenta come uno sciroppo dolcissimo,
il colore va dall'ambrato al rosso violaceo,
ha un intenso odore di caramello,
un sapore mielato, sapido e vellutato.

Praticamente sapa e  miele rappresentavano  il dolcificante dei tempi passati.... ma non solo,
veniva utilizzata anche nella preparazione di condimenti balsamici...

 Ludovico Ariosto nella satira III la cita come condimento delle rape...

In casa mia mi sa meglio una rapa
ch'io cuoca, e cotta s'un stecco me inforco,
e mondo, e spargo poi di acetto e sapa,
che all'altrui mensa tordo, starna o porco
selvaggio; e così sotto una vil coltre,
come di seta o d'oro, ben mi corco.


Dal ricettario di Costanzo Felici vissuto a Piobbico nel 1500....

100.gr di sapa e 120 gr. di aceto, si fanno cuocere a bagnomaria per 30 minuti,
il composto ottenuto si aromatizza con timo, santoregia e erba cipollina .  
E' un appetitoso condimento per piatti a base di carne e verdure



Ancora oggi  viene pazientemente  prodotta da aziende che hanno un occhio di riguardo verso la propria terra  ed usata per impreziosire le pietanze più disparate :

  • la ritroviamo come condimento per ceci, fagioli, castagne;
  • nel ripieno di ravioli dolci o dei tipici cavallucci dell'Apiro
  • usata per creare curiose bibite e granite...i nostri nonni stanchi e assetati durante il lavoro nei campi ne versavano un pò in acqua fresca di pozzo ottenendo una bevanda fresca e gustosa; i bimbi aspettavano la prima neve dell'inverno per metterne un pò , ben pigiata , nei bicchieri e condirla poi con la sapa;
  •  un tempo usata anche per dare sapore e colore a vini poveri;
  • buonissima sulle cipolle cotte sotto la brace;
  • ottima su formaggi  semi stagionati stagionati e erborinati;
  • divina in associazione al lonzino di fichi.
TILICCAS DE SABA



(Urge acquisto di una bella rotella tagliapasta sarda)
Pasta violata (violada)
  • 500 g di semola rilasciata
  • 100 g di strutto
  • 2 cucchiaini di zucchero
  • Pizzico sale
  • Acqua tiepida necessaria per un impasto morbido e liscio.
Mescolare gli ingredienti , avvolgere a palla coprire e lasciar riposare in frigo per almeno 30 min.


Per la farcia
  • Sapa 500 ml azienda agricola Sigi
  • 100 ml di acqua
  • 250 g di mandorle pelate tostate e poi ridotte in polvere
  • 100 g di semolino
  • 1 cucchiaio di miele
  • La scorza grattugiata di un arancia 🍊 non trattata.
In una pentola bassa e larga portare la sapa con l'acqua ad ebollizione, aggiungere il miele, la scorza grattugiata e il semolino a pioggia, mescolando continuamente.
Poi, sempre mescolando, unire la polvere di mandorle e cuocere sino ad ottenere una "polenta " che si stacca dalle pareti della pentola.
Lasciar raffreddare.
Stendere la pasta con l'aiuto di una sfogliatrice il più sottile possibile.
Ritagliare con rotella tagliapasta dei rettangoli delle dimensioni di 12 cm per 5 cm.
Con l'aiuto di una sàc a poche distribuire il ripieno sul rettangolo di pasta lasciando liberi i margini di un cm per lato.




Chiudere le due estremità e poi unirle a formare una "goccia" oppure arrotolare a spirale.

Cottura
Forno preriscaldato a 150° per 15 min.
La pasta deve asciugarsi e rimanere chiara.

 Questa ricetta è per l'iniziativa  ABC un mondo di ingredienti è la volta della lettera S ed ho scelto la meravigliosa  Sapa

lunedì 16 ottobre 2023

Pane Damper australiano con olive Damper bread





Un "pane" veloce, gustoso, adatto a chi non ha molto tempo ma che vuole qualcosa di buono.
Lo sò questo pane proprio un pane nel vero senso della parola non è, mollica morbida e crosta sottile ma croccante.
Io adoro le lievitazioni naturali, il poolish, la biga con il lievito di birra, la lievitazione in frigo, le farine tecniche e bla bla bla.... ma ero troppo curiosa di provare e poi magari vi piace pure perchè avere dei pregiudizi, si tratta di un pane veloce che non ha nulla a che vedere con la crosta e mollica a cui siamo abituati ma ottimo se hai poco tempo e vuoi qualcosa per accompagnare un tagliere di salumi e formaggi.
In realtà il pane Damper australiano era una specie di focaccia che i coloni si preparavano con acqua/latte farina e forse del sale, quindi senza lievito, cotto direttamente sulle braci o avvolto su un bastone e arrostito sul fuoco da campo....
Allora il caminetto l'ho sostituito con una stufa a pellet e quindi non ho più la brace, sapeste quanto mi manca, l'idea di farlo senza lievito non mi attirava più di tanto e quindi ho fatto qualche ricerca su internet e sono arrivata al pane Damper versione Lorainne Pascal.
Quella che mi è piaciuto è stata soprattutto la forma, l'idea di dividerlo in spicchi mi è piaciuta subito e poi sinceramente anche il fatto di provare un simil pane veloce non mi è affatto dispiaciuto.
Quindi vi propongo la variante di Loirainne Pascal e credo che la prossima volta apporterò delle modifiche come ad esempio aggiungere erbe aromatiche oppure perchè no un pò di frutta secca.
Ma ecco la ricetta di Loirenne Pascal
Ingredienti per una pagnotta
  • 450 g di farina autolievitante
  • 1cucchiao d'olio extra vergine
  • 4 g di sale
  • rosmarino fresco ( io non l'ho messo)
  • 75 g di olive verdi snocciolate
  • 250 ml di acqua tiepida
  • ( facoltativo semini vari  questa è una mia variante)
Preparazione
Accendiamo il forno impostando la temperatura a 200°.
In una ciotola disponiamo la farina a fontana e al centro mettiamo l'acqua, l'olio e il sale e iniziamo ad impastare,
quando il composto ha preso forma lo trasferiamo sulla spianatoia e lo lavoriamo sino ad avere una massa abbastanza omogenea, ma comunque risulterà appiccicosa.

Se volete sulla spianatoia potete mettere dei semini....


Sgoccioliamo benissimo e tagliamo le olive, le dobbiamo asciugare bene bene questo è importantissimo altrimenti l'impasto si rammollirà diventando una massa appiccicosa e ingestibile.

Allarghiamo l'impasto e disponiamoci sopra le olive,






ripieghiamo i lembi esterni verso il centro,


coprendo le olive e arrotondiamo a palla.













Non c'è bisogno d'impastare, in questo modo avremo tutte le olive al centro e male non ci stanno.
Ora passiamo alla forma,


con il manico di un cucchiaio di legno leggermente infarinato, segnate il pane in questo modo: facendo un segno a croce e poi due obliqui, andate quasi a toccare la spianatoia.
Otterrete così 8 spicchi


Cottura
E adesso subito in forno preriscaldato a 200° per 35 min., poi mettete il forno in fessura e continuate la cottura per altri 10 min. circa.


Con questo pane partecipo alla giornata mondiale World Day of Bread 2023






sabato 23 settembre 2023

O di ortica Zuppa Sishnu del Nepal sishnu soupe

 Questa volta tocca all'Ortica 



L'ortica (Urtica dioica L.), la più comune nei nostri ambienti (ma in realtà ne esistono diverse varietà) è una pianta erbacea conosciuta da tutti, per la sua particolare "pungenza" è la evitata "stamme lontano " per eccellenza.




In un momento "modaiolo" delle erbe di campo anche l'ortica sta tornando  sulle tavole delle nuove generazioni, mentre  noi "vecchie" diciamoci la verità non l'abbiamo mai abbandonata.

Le sue qualità nutrizionali: ricca di proteine, fonte di vit. A, C,E,K; contiene calcio, ferro , magnesio e potassio ne fanno una  pianta conosciuta in tutto il mondo e  utilizzata da tempo immemore:

alcuni scavi archeologici  ne testimoniamo l'utilizzo come cibo già nell'età del Bronzo, grazie al  ritrovamento di alcune ciotole con resti di una zuppa di ortiche;

nel nostro paese  ed in particolare in Emilia, Liguria e Marche la ritroviamo nelle zuppe, nei ripieni di pasta fresca e torte salate, gustosa la frittata, come colorante naturale per arricchire l'impasto di uova e farina creando tagliatelle verdi, e così via perché numerose sono le sue applicazioni.

Ma non solo virtù in cucina, questa pianta è carica di simbologia:

in Germania  si credeva che bruciando l'ortica durante forti temporali potesse tenere lontani i pericolosi fulmini;

capace di preservare la fertilità maschile; 

le sue fibre opportunatamente trattate venivano utilizzate per tessere stoffe;

le foglie verdi grazie all'alto contenuto di clorofilla  sono utili per tingere; e tanto altro.

Tra tante possibilità di cucinarla volevo andare  oltre l'orticello e vedere come in paesi lontani utilizzano l'ortica.

Durante la mia ricerca, viaggiando sulla tastiera sono arrivata in Nepal.

Qui per l'ortica hanno una vera e propria "mania", nella cucina himalayana ritroviamo diverse varietà coltivate di ortica che viene chiamata "sishnu".

Zuppa sishnu ( zuppa all'ortica)

per 2/3 persone

ingredienti

  • 600g di  germogli di ortica 
  • 2 cucchiai di amido di mays
  • acqua circa 2 litri
  • 1 cucchiaio di olio
  • aglio
  • sale
  • peperoncino fresco
  • pepe di Sichuan
  • semi di ortica (facoltativo)

Preparazione

Dopo aver pulito i germogli di ortica lavarli bene, scolare e farli leggermente asciugare su di un canovaccio.



Nel frattempo portare a bollore l'acqua leggermente salata e con un cucchiaio di olio.

Con un po' di amido di mays infarinare  l'ortica e quando l'acqua arriva a bollore, unire l'amido precedentemente sciolto in poca acqua e poi immergere i germogli , appena riprende il bollore, coprire con un coperchio e lasciar cuocere su fuoco medio.

A parte, in un mortaio, ridurre in pasta il peperoncino, con il sale, il pepe di Sichuan e lo spicchio di aglio.



Aggiungere la pasta alla pentola in ebollizione e proseguire la cottura fino a raggiunger una consistenza cremosa.

Prima di servire la zuppa,se lo desiderate, frullate il tutto sino ad avere un composto denso e cremoso, condire con un filo d'olio e semi di ortica essiccati.


 Questa ricetta è per l'iniziativa  ABC un mondo di ingredienti è la volta della lettera O ed ho scelto l' Ortica.

sabato 22 luglio 2023

L come lenticchie Crostata di ricotta e lenticchie di Castelluccio di Norcia

 Questa volta tocca alla lettera L, decisamente più abbordabile , gli ingredienti con la L sono "abbondanti"









Nonostante la vasta scelta di materie prime che iniziano con la lettera L , ho deciso di affrontare una preparazione particolare, un dolce a base di lenticchie.

Avevo gustato tanto tempo fa questo dolce in un localino a Castelluccio di Norcia, dopo una rigenerante passeggiata nella piana più famosa al mondo per la sua fioritura.

Dopo il sisma del 2016 il piccolo abitato di Castelluccio di Norcia praticamente è andato distrutto, negli ultimi tempi si sta faticosamente cercando di ritornare,  nonostante una ricostruzione lenta, una pandemia.

Quindi questo dolce per me ha una valenza particolare, ho fatto tanta fatica per ricrearlo, poche le info in rete, solo qualche suggerimento da donne del posto; ma eccola qua questa crostata dal gusto unico come lo splendido paesaggio  naturale che rappresenta : " La piana di Castelluccio" .






Ingredienti per una tortiera di 24 cm di diametro

Per la frolla

  • 300 g di farina 0
  • 50 g di farina integrale
  • 100 g di burro pomata o strutto
  • 50 g di zucchero
  • 1 uovo intero
  • i semi di mezza bacca di vaniglia
  • pizzico di sale
Per la farcia

  • 200 ml di latte intero
  • 200 g di ricotta di pecora
  • 100 g di lenticchie di Castelluccio (meglio se decorticate)
  • 2 tuorli più 2 albumi
  • semi di mezza bacca di vaniglia
Preparazione

In una ciotola mescolare l'uovo con lo zucchero e i semi di vaniglia, aggiungere il burro, leggermente morbido o lo strutto se preferite la ricetta originale, mescolare bene e infine unire la farina.

Lavorare velocemente l'impasto sino a formare delle grosse briciole, compattare e lasciar riposare in frigo per almeno 30 minuti.

Per la farcia

Nel latte con i semi di vaniglia aggiungete le lenticchie e lentamente lasciatele cuocere.

I tempi variano in base alle lenticchie che avrete scelto, quelle decorticate si cuociono in circa 30 minuti.

Lasciate raffreddare il composto di latte e lenticchie.

In una ciotola mescolate la ricotta setacciata con lo zucchero, unire il composto ormai freddo di latte e lenticchie e i due tuorli.

Montare a neve ferma i restanti due albumi e uniteli delicatamente al composto sopra preparato.

Ungere la tortiera e rivestirla con la frolla stesa allo spessore di circa 5 mm, lasciando da parte un po' di impasto per le strisce che serviranno da decoro.

Il guscio della frolla va cotto in bianco: rivestire con carta forno e riempire con fagioli secchi, infornare a 170° per circa10-15 min.

A questo punto riempite il guscio con la farcia di ricotta e lenticchie e passate in forno per circa 10 min.

Formate le strisce di decoro con la frolla messa da parte, tirate fuori la crostata dal forno, decorate rapidamente e rimettere in forno per altri 20-25 min. sino a doratura.

 




sabato 1 luglio 2023

I come iperico per il ratafià di Iperico

Fermo restando che sull'uso delle erbe è fondamentale richiedere il parere di un professionista sia per il riconoscimento e la  raccolta, sia soprattutto per il suo utilizzo a scopo curativo e alimentare.



L'iperico (hypericum perforatum) o meglio conosciuto  come erba di san Giovanni, verso la fine di giugno è il protagonista di una discreta quantità di "ricette", ingrediente principale dell' acqua di san Giovanni , fondamentale per  l 'oleolito dove potete trovare la ricetta in un vecchio post fatto qui sul blog.

Essendo conosciuto ed utilizzato  in  ogni parte del mondo ho fatto una piccola ricerca per vedere se, oltre al suo utilizzo per preparare oleoliti, unguenti, fosse presente una storia sul suo impiego in cucina o nella liquoristica.

Ed ho scoperto così che nei primi del 900 Fleury de la Roche consiglia il Ratafià di Iperico come aperitivo e digestivo.





Tratto da "Le Plantes bienfaisentes" ed. 1906

"lasciare in infusione , per due settimane, in una bottiglia ben chiusa, in due litri di acquavite, 30 grammi di fiori secchi di Iperico e due limoni a fette : quando la macerazione è completa , passate comprimendo, in un panno fine e metti il liquido filtrato in bottiglie, dopo aver aggiunto 150 grammi di zucchero"

Il colore rubino caratterizza questo liquore dal sentore piccante e deciso.

Ingredienti per 1 litro di ratafià

  • 1 litro di acquavite
  • 15 g di fiori secchi di Iperico
  • 1 limone non trattato
  • 75 g di zucchero
Procedimento

L'esecuzione è veramente semplice, c'è solo l'attesa.

Mettere in infusione i fiori secchi nell'acquavite e aggiungere il limone tagliato a fette, lasciare riposare per 15 giorni in un luogo buio. 

Già da subito vedrete il liquido colorarsi di rosso che con il tempo assumerà una bella sfumatura intensa.

Filtrare e aggiungere lo zucchero, mescolare sino al suo scioglimento e imbottigliare.

Per notizie e curiosità sull'iperico rimando al seguente sito. 

Attenzione: nell'alcool tutti i principi attivi sia liposolubili che idrosolubili della pianta vengono estratti, quindi attenzione nel consumo che deve essere misurato e non continuo, per non avere interferenze con eventuali cure farmaceutiche.

La misura in ogni situazione è la miglior abitudine da seguire.

Questa ricetta è per l'iniziativa  ABC un mondo di ingredienti è la volta della lettera I ed ho scelto la  l'Iperico

martedì 6 giugno 2023

G di Gallina per i Griù o Ravioli "incaciati" o " Pappù de li signori" o "Creste di gallo"

Questi particolari ravioli  dell' ascolano li ho scoperti grazie a Graziano Celani, sono tipici del periodo di carnevale, come ogni ricetta tradizionale si tramanda di famiglia in famiglia ed ognuna ha una sua peculiarità.



Sono conosciuti per lo più come "ravioli incaciati" ma anche detti  "creste di gallo" per il loro particolare aspetto; in altre zone sono i "griù" o "allegroni".

E cambiano nome  anche in base  al ripieno e quindi a seconda delle disponibilità delle famiglie si facevano ad esempio i "pappù" dei poveri fatti con la testa del maiale, quindi utilizzando gli scarti praticamente un ripieno di coppa, o addirittura i ravioli di pane se la carne scarseggiava e così il pane  nel ripieno aumentava per realizzare comunque un piatto sostanzioso,  e per chi se lo poteva permettere con  un ripieno con gallina, carne di maiale e poco pane per avere  i "pappù de li signori".

 Anche il condimento variava da zona a zona da famiglia a famiglia, chi preferiva il classico cannella e pecorino gustando così i "ravioli incaciati" e chi li condiva con la sapa, o addirittura in alcuni casi venivano anche fritti e serviti con una spolverata di zucchero, invece che bolliti, consumati magari per merenda.

Insomma questo è proprio un classico esempio di come ingredienti umili possono trasformarsi grazie a  mani sapienti  in un piatto ricco gustoso e fantasioso.

In questo caso ho deciso di seguire il disciplinare di produzione  della De.Co di Ascoli Piceno; la Denominazione Comunale è un importante riconoscimento che i comuni attribuiscono ad alcune preparazioni alimentari con particolare importanza per la valorizzazione del proprio territorio.

La Gallina in questo caso è l'ingrediente principe/ssa; il periodo invernale per le galline coincide con il rallentamento della ovo deposizione e se poi sono anche un po' vecchiotte il detto recita "gallina vecchia fa buon brodo" ma se il brodo in effetti è molto gustoso, la carne bollita perde molto in sapidità, ed ecco la soluzione: la si usa per il ripieno dei ravioli incaciati.

Ricetta tratta dal disciplinare

Ingredienti per la pasta all'uovo

400 g di farina

4 uova

Ingredienti per il ripieno

1,5 kg di  gallina 

250 g carne di manzo

250 g carne di maiale

250 g pane secco

50 g pecorino grattugiato

50 g di parmigiano

2 uova

1 mestolo brodo

sedano carota cipolla e stecca di cannella

noce moscata

sale e pepe

Ingredienti per il condimento

cannella in polvere

pecorino grattugiato


Preparazione del ripieno anche il giorno prima.

Realizzare un brodo con sedano, carota, cipolla e una stecca di cannella, sale e pepe e la carne : gallina, manzo e maiale.

Una volta che il brodo è pronto e la carne cotta lasciar raffreddare.

Bagnare con qualche mestolo di brodofiltrato il pane privato della crosta e lasciarlo ammorbidire. 

Eliminare ossa e pelle dal bollito e  passare il tutto al tritacarne  unendo anche il pane ammollato nel brodo.

Al composto macinato unire le uova, i formaggi pecorino e parmigiano e pizzico di cannella e noce moscata, dobbiamo ottenere un impasto omogeneo e ben amalgamato, se troppo asciutto possiamo aggiustare con il  brodo.

Preparazione della sfoglia

Sulla tavola creare una fontana con la farina e al centro rompere le uova, sbatterle con l'aiuto di una forchetta e d amalgamare con la farina.

Lavorare sino ad ottenere un impasto liscio , coprire e lasciar riposare per almeno 30 min.

Trascorso il tempo di riposo, stendere la sfoglia ad uno spessore medio, non troppo sottile, ci deve essere il giusto rapporto tra farcia e involucro.

Le dimensioni dei "ravioli" sono belle grandi, posizionare sulle pasta tagliata a strisce circa 1/2 cucchiaio di ripieno, ripiegare a metà la pasta e con l'aiuto di una rotella tagliapasta dentellata formare una mezzaluna.

Hanno un particolare aspetto a "cresta di gallo" per richiamare la natura del ripieno di gallina infatti 

una volta chiusi i ravioli, pizzicare arricciando bene il bordo creando una sorta di "cresta" e appoggiarli creando una base con la parte inferiore in modo che rimangano in piedi.



Condimento

Il disciplinare prevede un condimento a base di pecorino e cannella mescolate in pari quantità.

Io ho aggiunto anche un poco di sapa che adoro e mi piace molto il contrasto che crea al palato.

Cottura

Cuocere i ravioli in abbondante acqua salata per circa 5/7 min, scolare bene versare nel piatto di portata dove abbiamo già messo il mix  di cannella e pecorino, mescolare devono essere ben conditi da qui il nome "incaciati".

Questa ricetta è per l'iniziativa  ABC un mondo di ingredienti è la volta della lettera G ed ho scelto la  Gallina






venerdì 19 maggio 2023

F come Farina di fave Tacconi e Cencioni pasta fresca ricetta marchigiana

 F come fave

Siamo nel periodo delle fave.

Nelle Marche questo ingrediente lo ritroviamo in numerose ricette oltre alla classica merenda Fave e pecorino, le fave in porchetta, fave n'greccia solo per citarne alcune.



Ma non le usiamo solo fresche, un tempo la farina di fave faceva parte di quella piccola percentuale di farine, che in periodi di carestia servivano a tagliare la preziosa farina di frumento.

La farina utilizzata in questa ricetta viene prodotta con il presidio slow food "Fava di Fratte Rosa"; questa tipologia di fava viene coltivata in una zona tra le valli del Metauro e del Cesano su dei terreni fortemente argillosi denominati "Lubachi".

I terreni conferiscono dolcezza e tenerezza  a questa varietà di fava di piccole dimensioni, infatti il baccello contiene dai 3 ai 4 semi di media.

Di necessità virtù; nascono così diversi tipi di pasta fresca ormai relegati alla memoria che stanno tornando fortunatamente alla ribalta: famosi i Tacconi di fave o  Taccù all'antica, la sfoglia viene tagliata come una spessa e tozza tagliatella e condita con sugo di pomodoro o in bianco.

E ancora i cencioni di fave "probabilmente, anche se l'etimo è incerto il nome potrebbe derivare da "cencio" straccio, fra i termini gastronomici è frequente l'uso di termini che si ispirano alle cose umili di tutti giorni".

Forse una vergara mentre preparava la pasta ha notato una certa somiglianza con il cencio e da lì ecco i  cencioni.

 Fonte "Atlante dei prodotti tipici La pasta" O. Zannini De Vita

Io ho scelto di fare i cencioni,  anche se, da alcune ricerche fatte è emerso  che questa sorte di "maltagliati" venivano utilizzati  per fare una minestra con i fagioli, tipica della zona di Pergola in provincia di Pesaro Urbino,  io ho scelto di farne un primo piatto di pasta asciutta.

La mia versione dei Cencioni

Dosi per 4 persone

per la pasta fresca

  • 150 g di farina di fave azienda agricola "I lubachi"
  • 150 g di farina di frumento
  • 3 uova medie
  • olio extra vergine di oliva

Condimento

  • 100 g di guanciale
  •  200 g fave fresche tenere
  • finocchietto selvatico fresco oppure fiori essiccati
  • olio extravergine di oliva
  • sale e pepe
  • parmigiano o pecorino secondo i gusti
  • sale, pepe

Preparazione

Sulla tavola versiamo le due farine, ben miscelate fra loro, formando una fontana, aggiungere le uova e impastare sino a formare un panetto, ungere leggermente la superficie, coprire con pellicola e lasciar riposare per almeno 30 min.

Trascorso il tempo necessario stendere la pasta sulla tavola leggermente infarinata, non eccessivamente sottili, anzi questa pasta deve avere un aspetto rustico dato dalla farina di fave che essendo priva di glutine non permetterà di ottenere una pasta sottile ma piuttosto grossolana.

Ora se volete fare i Tacconi tagliate delle tozze tagliatelle, mentre per i cencioni sbizzarritevi.


Infarinate leggermente e lasciate asciugare un pochino.

Cuocere in acqua bollente salata, per i tempi dipende dallo spessore e dal formato scelto, quindi vale la prova assaggio.

Mentre la pasta cuoce pensiamo al  condimento

In una padella con filo d'olio facciamo rosolare leggermente il guanciale tagliato a listarelle, quando ha preso un bel colore traslucido togliamo il guanciale e teniamo da parte.

Nella stessa padella lasciamo insaporire le fave fresche  nel grasso residuo con qualche barba di finocchietto senza esagerare, aggiungere qualche cucchiaio di acqua calda di cottura della pasta , affinché le fave diventino tenere,  aggiustare di sale;  poco prima di scolare la pasta reintrodurre il guanciale.

Scolare la pasta leggermente al dente, versarla nella padella con il condimento , amalgamare il tutto su fuoco vivace.

Prima di servire aggiungere il formaggio, pepe macinato al momento e se li avete qualche fiore di finocchietto selvatico. 

 Anche questo mese partecipo a questa bella iniziativa  e questa è la mia F di fave 

 ABC un mondo di ingredienti 

capitanato da Eloisa di Trattoria Muvara







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