Tornare a sentire quel profumo, quel sapore, che ci riporta indietro nel tempo e che ci fa sentire a casa ovunque noi siamo.

venerdì 19 marzo 2021

Le Frittelle di San Giuseppe

Le Frittelle di San Giuseppe
Dolce della tradizione preparato in occasione della Festa del Papà e in onore di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e protettore dei lavoratori.




La festa del 19 marzo coincide con la fine dell’inverno, periodo in cui si celebrano i riti di purificazione agraria attraverso grandi falò in cui vengono bruciati i residui del raccolto dei campi. Questi riti sono accompagnati da inni in onore del Santo e dalla preparazione delle famose frittelle che, pur variando nella ricetta da territorio a territorio (con pane e latte, con uvetta, con riso, con riso e ricotta, con patate …) sono il piatto tipico di questa ricorrenza.
Altro non sono che piccole sfoglie spesse mezzo centimetro grandi come il fondo di un piatto piano, fritte nello strutto e cosparse di abbondante zucchero.

“ Il diciannove, san Giuseppe, a Fabriano si festeggiava tutti insieme con una mangiata di frittelle in Piazza del Comune.
I falegnami, dal canto loro, onoravano il protettore con un rito religioso e pranzo sociale.
Le frittelle si preparavano con la massa del pane fritta e zuccherata.
Far le frittelle con la massa del pane per san Giuseppe non è un’usanza molto diffusa altrove. C’era chi preferiva le sfrappe o sflappe o fiocchi come in Arcevia, i frittelli a Matelica.
Nella zona di Genga cuocevano certe frittelle dolci con la pasta molle. Frittelle con le uova a Serra San Quirico. Le besquesce e i mignè a Sassoferrato “.
(tratto da Antologia della cucina popolare, Comunità Montana Alta Valle dell’Esino,1986).

La festa religiosa di San Giuseppe ha mantenuto nel tempo note ricche di folklore, soprattutto nel Maceratese, dove al Santo è dato l’attributo di “frittellaro” dato che il 19 marzo si usano preparare come dolci, queste frittelle di pasta di pane spolverizzate di zucchero. Pare che la tradizione si riallacci a quanto viene desunto dalla Bibbia, che qualifica San Giuseppe “artiere in legno e industriale in friggitoria”, quindi oltre che falegname, il Santo era anche venditore di frittelle, cioè venditore di pasta fritta.
Una seconda ipotesi fa risalire le frittelle alla storia romana e ad origini pagane. Il 17 marzo, infatti, si celebravano i “Liberalia”, in cui i ragazzi diventavano adulti e, in omaggio a Bacco e Sileno, scorrevano fiumi di vino e ambrosia, accompagnati da frittelle di frumento cotte nello strutto bollente. Quando nel 1968 si istituì la festa del papà due giorni dopo il 17 marzo, nel giorno dedicato a San Giuseppe, le discendenti delle antiche frittelle romane divennero il dolce ufficiale di questa celebrazione.
Nelle campagne fabrianesi le frittelle con la massa del pane si facevano spesso, non solo a San Giuseppe, dove ogni occasione era buona per darle ai “monelli” o per gustarle insieme quando si ballava nelle aie dei casolari.
Con il termine “frittelle”, genericamente si intendono i tipi di dolci che vanno fritti come, per esempio, le “zeppole”, per le quali nelle Marche si è sempre avuta una particolare predilezione nel giorno di San Giuseppe, nonostante altre regioni si contendono l’originaria paternità di questo dolce.

Di seguito vi scrivo la ricetta delle “mie” frittelle: come marchigiana da generazioni nonché chef pasticcera ecco l’ omaggio a tutti i papà!
Dosi per circa 12 frittelle:
• 325 g di farina 0
• 200 ml di acqua
• 8 g di lievito di birra fresco
• pizzico di sale
Per friggere:
strutto secondo la tradizione oppure olio di arachidi
Per decorare:
zucchero semolato
Preparazione
In una ciotola versare la farina e il sale, unire poca alla volta, l’acqua in cui sarà stato sciolto il lievito di birra.
Impastare sino ad ottenere una massa morbida ed omogenea.
Avvolgere a palla, sistemare in una ciotola oleata e coperta con pellicola alimentare e attendere il raddoppio.
I tempi di lievitazione sono influenzati da temperatura ambiente, umidità, tipologia di farine utilizzate e dalla quantità di lievito.
Una volta raggiunto il raddoppio rovesciare l’impasto su una tavola infarinata e suddividere in 12 pezzi, senza lavorare la massa.
Stendere con il mattarello; se si desidera una frittella morbida stendere ad uno spessore di circa ½ cm, se si preferisce una frittella croccante stendere sottilmente.
Friggere in abbondante olio o strutto ad una temperatura tra i 165°e i 170°.
Appena tolte dall’olio vanno cosparse abbondantemente con zucchero semolato.

Approfondimento storico:

martedì 2 marzo 2021

La roveja presidio slow food ricetta

 


La primavera è alle porte, si inizia a progettare l'orto e nel mio c'è sempre uno spazio per i semi dimenticati.

La roveja, piccola e rugosa, dai mille colori, un 





Fa parte dei cosi detti legumi minori, un tempo ampiamente coltivati ora quasi totalmente scomparsi, un po' per le abitudini alimentari cambiate, per la mancanza di notizie sulla loro coltivazione e in generale per l'effetto della globalizzazione, ma proprio da loro parte l'evoluzione dell'agricoltura e quindi la nostra sopravvivenza.

Se scompare un prodotto  con esso scompare anche la tradizione legata ad esso, scompare una cucina povera ma salutare, se ne va un pezzo di noi.

Mi sento fortunata, sono nata sui Sibillini e fino a qualche decennio fa, questo legume si seminava in primavera, si sfalciava a fine estate e, dopo qualche giorno di essiccazione, si trebbiava , come per la lenticchia; mia nonna la coltivava, serviva  per il bestiame ma anche per cucinare;  fresca  con la pasta e una volta  secca, durante l'inverno veniva trasformata in farina per preparare la farrecchiata o pesata, un tipico piatto umbro, si tratta di una polenta dal gusto leggermente amarognolo condita con un battuto di alici ,aglio e prezzemolo.
  • In italiano: roveja, roveglia, rubiglio, pisello dei campi, pisello selvatico,
          ruglio, pisellina, corbello, grovigliolo, pisello grigio, pisello selvatico o roviotto.
  • in inglese: field pea
  • in francese: pois gris, bisaille
  • in tedesco: klee erbsen
  • in spagnolo: arveja seca, arveja forrajera
  • Specie ipotizzate: Pisum arvense L., Pisum sativum
  • ssp. Arvense o Pisum sativum ssp. sativum
  • var. arvense.



Dopo averne utilizzata un po' ho lasciato da parte alcuni  preziosi semi e  a primavera ho iniziato la mia coltura.




Non ha particolari esigenze, è una pianta rustica che necessita di un sostegno altrimenti tende a piegarsi sul terreno con il rischio di ammuffimento e difficoltà nella raccolta, dimenticate i grossi baccelli pieni di piselli, ma tante piccole teghe con minuscoli semini, verdi come piselli appena raccolti;


ma che seccando assumono dei colori meravigliosi tutti diversi, assolutamente no standard.


















                            

Ho deciso di utilizzarla fresca e questa è la ricetta 



Ingredienti per 4 persone

  • 1 kg di roveja fresca già sgranata (sostituibile con piselli freschi)
  • 200 g di parmigiano reggiano 
  • 150 g di latte fresco intero
  • 50 g di burro
  • qb di olio extra vergine, sale e pepe.


Preparazione
in un tegame largo e basso sciogliete il burro e versate i piselli, lasciate insaporire il tutto e poi aggiungete acqua quanto basta a coprire le verdure, lasciate cuocere sino a quando la roveja è cotta e aggiustate di sale.
Con un mixer frullate il tutto aggiungendo un po' di olio e trasferite la crema su di una ciotola contenete acqua e ghiaccio in modo da fermare la cottura e mantenere vivo il colore delle verdure.
In un pentolino a parte riscaldiamo il latte e quando ha raggiunto il bollore aggiungiamo il parmigiano grattugiato, e frulliamo, dovremo ottenere una crema densa e vellutata.
Unire i due composti.
Si può servire tiepida ma anche fredda. per poterla gustare nelle giornate calde.

Ripropongo una ricetta già pubblicata per la tavola della Fattoria Consapevole e Solidale dedicata ai Legumi, ho scelto la Roveja.






domenica 7 febbraio 2021

Ricetta riciclo della polenta avanzata Cresc'tajat

Le Cresc'tajat o "cresce tagliate"  sono un formato di pasta marchigiana  che si realizzava un tempo  utilizzando gli avanzi della polenta.

Cresc'tajat -ingrediente perduto


E' una preparazione tipica della Val Cesano e della provincia di Pesaro e Urbino; attualmente le cresc'tajat si preparano utilizzando un mix di farina di mays e farina di grano tenero, ne risulta una pasta rustica che assorbe molto bene il condimento.

Questo tipo di pasta, della  vecchia tradizione marchigiana, nasce dalla necessità di riciclare la polenta avanzata, polenta che spesso rappresentava il pasto principale dei così detti "Marchigià magnapulenta"

Si tratta semplicemente di polenta e farina di grano con l'aggiunta di acqua tiepida, l'impasto, abbastanza morbido per la presenza della polenta, non può essere steso sottilmente, da qui il nome "crescia"  una focaccia praticamente, si stende allo spessore di una moneta, poi tagliata un po' come si fa per realizzare i  maltagliati.

Per tradizione ci si preparava una  minestra con i legumi, oppure  venivano servite  con un semplice sugo di pomodoro, ottime anche con condimenti rustici e corposi.

Per questa ricetta ho utilizzato la zucca, le patate ed erbe aromatiche quali maggiorana e rosmarino.

Dosi per 4 persone

  • 150 g di polenta scondita
  • 300 g di farina di grano tenero
  • 100 ml di acqua tiepida ( quantità da regolare in base alla farina utilizzata)

Preparazione

In una ciotola mettere la farina e la polenta ridotta in purea, unire l'acqua e mescolare  sino ad ottenere un impasto, che risulterà leggermente più morbido di quello classico per fare la pasta fresca all'uovo.

Lasciar riposare almeno 30 minuti e poi procedere alla stesura : 

è bene suddividere l'impasto in più palline, circa 5 in totale, stendere ad uno spessore di una moneta, tagliare delle strisce larghe circa 1,5 cm e poi a losanghe.



Lasciar asciugare sulla tavola  leggermente infarinata o su un vassoio.

Per il condimento:

  • 300 g già pulita di zucca gialla ( per me una Beretta Piacentina del mio orto)
  • 2 patate medie
  • 1 spicchio d'aglio
  • maggiorana, rosmarino
  • olio extra vergine di oliva
  • sale
  • pepe
  • parmigiano facoltativo

Preparazione:

tagliare la zucca e le patate pelate a dadini.

In una padella con filo d'olio lasciar rosolare l'aglio, unire poi la zucca, cuocere sino a che  inizia ad ammorbidire e prendere colore, aggiustare di sale .

Portare a bollore l'acqua, salare e unire le patate tagliate e la pasta, la cottura dipenderà  molto dal formato e spessore che avete realizzato, all'incirca ci vorranno tra i 10 e i 15 minuti, ma consiglio di assaggiare.

Versare la pasta scolata con le patate nella padella con la zucca, mescolare unire le erbe aromatiche, un filo d'olio e  pepe macinato al momento e servire.

Parmigiano da aggiungere a piacere.


E visto che ho una mia piccola fattoria  partecipo con piacere al progetto

  Fattoria consapevole e solidale che trovate su FB.

Ho scelto il mays per  il  mese di gennaio  con una  portata dedicata ai

 PRIMI PIATTI

1° mese/11 gennaio - I cereali e simil cereali ( risi europei e asiatici, farro, grani antichi, grano saraceno, orzo, quinoa, miglio, cous cous, bulgur, avena ecc. in chicchi e farina)




martedì 2 febbraio 2021

3 febbraio, San Biagio protettore della gola e il "lattarolo"


3 febbraio, San Biagio protettore della gola.
Latte caldo  e miele sono i due ingredienti  da sempre considerati un balsamo per i malanni stagionali.
Latte e miele li ritroviamo nel Lattacciolu, lattarolo, lattaruolo....il  "budino" dimenticato della cucina  tradizionale di Marche e Romagna.

Budino antico-ingrediente perduto


Probabilmente deriva dalla ricetta medioevale della Diriola  preparata in occasione delle nozze; il maestro Martino, il Leonardo da Vinci della cucina, scrive
Diriola
"conciarai la pasta in forma d' un pastello et impiela ben di farina che stia dritta cocendola in la padella tanto che sia un poco secca....et prendirai alcuni rosci d'ova, de lo lacte, de lo zuccaro,et de la cannella.
Questa compositione la mettirai in dicta pasta facendola cuocere al modo de una torta....."
In effetti si trattava di una grande torta, costituita da un guscio che racchiudeva il composto di uova, latte, zucchero e cannella.



Un dolce a base di latte, preparato in varie occasioni:
  • Nel Maceratese, nell'antica abbazia di Pioraco per San Biagio il lattarolo veniva offerto ai pellegrini;
  • In occasione di alcune  festività religiose:  l'Ascensione, la Pentecoste o il Corpus Domini che si svolgono durante il il mese di maggio, quando le pecore lasciavano le stalle e tornavano a pascolare nei campi ricchi di nuovi germogli ed erbette fresche,  il latte era al top, il momento ideale per fare il formaggio;

  • Per festeggiare un matrimonio, scrive Oreste Marcoaldi illustre personaggio fabrianese
"Lattaruolo. E' un piatto dolce che si dona al padrone dai propri contadini in occasione di loro matrimonio, anzi dopo 8 giorni dalle nozze"
La ricetta originale prevede la realizzazione di un guscio di pasta matta nel quale viene versato il composto di uova miele e aromi e poi cotto.

Io in questo caso ho scelto la versione senza guscio di pasta , realizzando delle monoporzioni.

Ricetta tratta da "Antologia della cucina popolare"

Ingredienti per 6 "budini":
  • 1 litro di latte intero fresco
  • 150 miele millefiori
  • 2 uova intere
  • 4 tuorli
  • 1 bacca di vaniglia
  • 1 stecca di cannella
  • scorza di limone bio
Preparazione:
mettiamo il latte con la stecca di cannella in una pentola e lo facciamo bollire  a fuoco basso, si deve ridurre di circa la metà, ci vorrà  un'ora.
Poco prima di toglierlo dal fuoco uniamo il 100 g di miele, la vaniglia e la buccia di limone, mescoliamo bene e lasciamo freddare.



In una ciotola montare le uova, 2 intere e 4 tuorli con i restanti 50 g di miele, aggiungere poi il latte ormai freddo e filtrato.
A questo punto possiamo scegliere se fare un caramello e rivestire con questo gli stampi da budino oppure, come la ricetta originale vuole, rivestire una teglia con della pasta matta  e cuocerla in bianco ricoperta da fagioli, sale...in modo che in cottura non si gonfi.

Salsa caramello :
100g di zucchero , 50 g di acqua.
in un pentolino dal fondo spesso mettere lo zucchero ben distribuito, fate cuocere sino a che non diventi di un bel colore ambrato tendente al marroncino, mi raccomando resistete dal mescolare con un cucchiaio, il caramello non va toccato altrimenti vi si formeranno dei grumi che non si scioglieranno più, quando è bello marroncino, facendo attenzione aggiungete l'acqua bollente fuori dal fuoco e mescolate.




Nel caso vogliate usare il caramello ne versate un po' negli stampini da budino e poi riempite con il composto.


cuocere a bagno-maria: in una teglia da forno con i bordi alti mettete alcuni fogli di carta assorbente da cucina poi posizionate gli stampi e versate nella teglia tanta acqua sino ad arrivare a metà altezza degli stampini.



Cuocere a 100° per circa 3 ore, per verificare la cottura si fa la prova dello stecchino che una volta infilzato nel budino deve uscire pulito.

Se volete fare la ricetta originale, dovete preparare la pasta matta:

Pasta matta: 250 g d farina , 15 cl di acqua,1 cucchiaio di olio d'oliva, pizzico di sale: mescolare tutti gli ingredienti e lavorare finché il composto non risulti. omogeneo ; coprire con un panno umido e lasciar riposare al fresco per 1 ora circa.

Rivestite una teglia dai bordi alti con carta forno o ungetela con il burro, posizionate uno strato sottile di pasta matta, bucherellate il fondo con una forchetta, riempitela con dei legumi secchi a circa 190° sino a cottura.( Metodo detto "cottura in bianco" cioè del guscio senza ripieno).
Versatevi poi il composto e cuocere in forno preriscaldato a circa 200°-225° per circa 1 ora, ma fate sempre la prova "stecchino".

Il budino va mangiato freddo, nel caso di quello con il caramello lo stampo va rovesciato, nel caso della versione con la pasta va tagliato e servito a fette.

Fonti
"Antologia della cucina popolare" Fabriano 1993 P.Angelini, Aurelio C., Balilla Beltrame, Nora Lipparoni,Graziella Picchi, Antonio Trecciola, Corrado Barberis.
"La credenza delle pastine" Tommaso Lucchetti
"Le feste dello spirito" Tommaso Lucchetti
"A tavola nel Medioevo" O.Redon, F. Sabban, S. Serventi

Questa ricetta è proprio destinata a far parte del mese dedicato ai Latticini della



lunedì 11 maggio 2020

Pane senza lievito, Kerala Parotta ricetta, Paratha

La quarantena, la scomparsa del lievito di birra dagli scaffali dei supermercati, la voglia di impastare e sfornare pane  ci hanno permesso di scoprire tante ricette di pane senza lievito.


Questo pane indiano chiamato  Kerala Parotta o Paratha, meno famoso del conosciutissimo Naan, ha una lavorazione molto particolare grazie alla quale un semplice impasto di farina, acqua e olio si trasforma in una nuvola di leggerezza sfogliata.

In India  il pane ha delle caratteristiche ben precise: va mangiato caldissimo, serve per prendere il cibo e quindi mangiare con le mani in assenza di posate, è senza lievito.
A seconda degli ingredienti utilizzati , le tecniche di lavorazione e cottura  abbiamo diverse tipologie.

Per quanto riguarda la ricetta  ho dovuto fare un po' di prove prima di riuscire a trovare quella giusta.
Per ottenere un risultato come questo abbiamo bisogno di un impasto molto elastico e resistente, la lavorazione prevede una  stesura il più sottile possibile per poter ottenere poi la fine sfogliatura.

Ho utilizzato un impasto che ha tutte queste caratteristiche, viene fatto per realizzare la Focaccia con il  formaggio di Recco  seguendo la ricetta di Valentina Venuti.

Ingredienti per 10 pani

  • 600 g di farina forte ( w 300 oppure una farina con almeno il 13% di proteine)
  • 350 ml di acqua
  • 60 ml olio extra vergine di oliva
  • 12 g di sale

Preparazione


Nella planetaria  versate la farina e iniziate a lavorare con il gancio, introdurre l'acqua poca alla volta, poi una volta assorbita unire  l'olio, sempre poco alla volta e infine il sale.
L'impasto va lavorato bene sino a renderlo omogeneo ed elastico.
Si può fare anche a mano anche se un po' faticoso.

Terminata la lavorazione suddividere l'impasto in pezzi da circa 100 g, formare delle palline ben strette e metterle in un contenitore unto di olio, non sovrapposte, ungerle con olio bene anche sopra e coprire con pellicola.

Ora se avete tempo lasciatele riposare almeno 30 minuti, altrimenti trasferitele in frigo. Potete lasciarle al fresco sino al giorno dopo.


Trascorso il tempo di riposo iniziamo la lavorazione 
Vi metto un breve video casalingo in cui vi faccio vedere la tecnica di lavorazione






Una volta formate  le chiocciole  


vanno stese e  cotte in una  padella leggermente unta, girate più volte in modo da creare una bella crosticina esterna.
Ultimo atto 

prendete i pani  tra le mani e maltrattatele , battete le mani e le sfoglie si separeranno ottenendo l'effetto finale.


sabato 21 marzo 2020

#iorestoacasaimpastoefaccioilpane Pane uvetta e noci ricetta

Un flash mob #iorestoacasaefaccioilpane al quale non mi potevo sottrarre. e faccio il pane all'uvetta e frutta secca.
In un periodo così irreale, come quello che stiamo vivendo, un momento di incontro virtuale come il flash mob ideato da Associazione italiana food blogger AIFB  rappresenta un atto di coesione e complicità.
Speriamo che questo periodo serva ad affrontare poi, in maniera migliore, quello che il futuro ha in serbo per noi.


Ingredienti

  • Biga 150 g

( realizzata il giorno prima, deve maturare almeno 16 ore a temperatura ambiente, circa 18°, realizzata con 100 g farina 50 ml acqua e 1 g di lievito birra fresco)
  • Farina tipo 1 per pane 300 g
  • Acqua 250 ml
  • Uvetta e frutta secca 100 g e la scorza di 1 arancia
  • Lievito birra fresco 8 g
  • sale 8 g

Preparazione
Impastare la biga con farina, acqua, lievito; una volta che si è formato l'impasto aggiungere sale e il mix di uvetta e frutta secca.
Avvolgere a palla e lasciar riposare coperto per 30 minuti.
Riprendere la massa dare la forma scelta, filone, pagnotta ecc ecc, coprire e lasciar lievitare sino al raddoppio.
Cottura Forno a 220° per i primi 15 minuti poi abbassare gradatamente a 190° sino a cottura, ultimi minuti con sportello forno aperto.
Ci vorranno circa 35/40 minuti in tutto, comunque dipende dal vostro forno.

mercoledì 31 luglio 2019

Giallo, rosso e verdone, dessert al peperone di Carmagnola



Giallo , rosso e verdone, non è l'inizio di un film ma un gioco di parole in onore di un ortaggio dono questa stagione estremamente calda, talmente buono da far dimenticare il sole cocente.
Il peperone di Carmagnola  un prodotto da valorizzare, un ingrediente molto versatile, lo adoro arrosto con le olive, semplicemente gratinato, come condimento per la pasta, insomma sono mille le sue applicazioni  e per questa occasione ho deciso di andare un po' oltre e fare un dessert.




"Con questa ricetta partecipo al contest "Peperone di Carmagnola: 70 anni in 70 ricette".













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In collaborazione con 

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http://www.ristorantidellatavolozza.it/ 
Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è coccarda-2019.jpg
https://www.aifb.it/



















Dosi per 6 persone


Per le spugne di peperone
  • 60 g di purea di peperone (giallo, rosso e verde)
  • 60  g di albume
  • 35 g di olio di girasole
  • 15 g di tuorlo
  • 55 g di farina auto lievitante
  • 40 g di zucchero semolato
  • pizzico di sale
Per ogni tipo di peperone procedere separatamente

Eliminare con un pelapatate la buccia dei peperoni, ridurre in cubetti e cuocere al microonde sino a che non risultino morbidi.
Frullare con un mixer sino a ridurre in purea.
In un contenitore alto e stretto introdurre la purea, albume, tuorlo e mescolare con un mixer, unire poi la farina, lo zucchero e il sale, mescolare  e infine mentre il mixer è in funzione unire l’olio a filo.
Emulsionare sino ad ottenere un composto morbido e leggermente montato.

Suddividere il composto in contenitori adatti al microonde e cuocere alla massima potenza per 1’ e 30’’. Appena estratti i contenitori vanno capovolti su una griglia in modo che la spugna abbia modo di asciugarsi senza collassare.

Per la salsa di pesche gialle
  • 2 pesche a pasta gialla
eliminare la buccia e frullare con un mixer la polpa sino a ridurla in purea
Per il pralinato di noci
  • 50 g di noci sgusciate
  • 50 g di zucchero
caramellare a secco lo zucchero e versarlo sulle noci tritate grossolanamente posizionate su un silpat o carta forno e lasciar raffreddare; poi ridurre in pezzi.



Per decorare caramello, fiori di nasturzio e foglie.

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